Il Presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo, è intervenuta al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite all’evento “Organized crime in the social media age” promosso dalla Fondazione Magna Grecia in collaborazione con la Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York.
L’evento ha visto la partecipazione di un delegazione di alto livello dall’Italia composta dai parlamentari Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia; Francesco Saverio Romano, presidente della Commissione Parlamentare per la Semplificazione; dal Procuratore Capo di Napoli, Nicola Gratteri.
La delegazione italiana, accompagnata dal Presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti, è stata poi ricevuta dal Rappresentante permanente all’ONU, Amb. Maurizio Massari, il quale ha ringraziato i partecipanti per avere voluto condividere nella sede delle Nazioni Unite, a beneficio della comunità internazionale, l’esperienza italiana a tutto campo nel contrasto alla criminalità organizzata, che abbraccia gli ambiti giudiziario, politico, giuridico-legislativo, economico, culturale, sociale, informatico-tecnologico.
Chiara Colosimo: la mafiosfera (il modo in cui le organizzazioni criminali operano e comunicano online attraverso social network, simboli e racconti) ormai è così intrinseca alla società, soprattutto alle nuove generazioni, che rischia di diventare un vero e proprio passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. È un problema di valori che riguarda tutte le nazioni in tempi in cui il criminale è un eroe, le istituzioni qualcosa da combattere, il denaro facile è glamour e il lavoro quasi un disvalore.
Quanto accaduto a Palermo, con l’omicidio di un ragazzo che voleva solo sedare una rissa nel cuore della movida, è di una straordinaria gravità anche per quello che è successo dopo con la prima reazione del giovane che ha sparato e ucciso che è stata quella di prendere lo smartphone e postare su TikTok un videoselfie con sullo sfondo un audio di Totò Riina. Nuove generazioni e nuove tecnologie sono due aspetti dello stesso allarme, oggi la criminalità organizzata è silente, la gente non scende più in piazza come ai tempi delle stragi e tutto diventa terribilmente ‘normale‘, fino a trasformare un omicidio in una notizia social. È questo il rischio più grande da scongiurare, Il giudice Paolo Borsellino, raccomandava di parlare di mafia sui giornali, in tv, su tutti i media. Io mi permetto di aggiungere che oggi bisogna parlarne soprattutto sui social network, perché l’unico antidoto su questa piattaforma è la contro-narrazione.
I social inoltre, vengono usati anche per la comunicazione da e per il carcere: Da un monitoraggio del Gom della polizia penitenziaria su TikTok da una prima ricerca riferita solo al 2025 sono emerse 36 dirette video di detenuti al 41bis. Naturalmente, i detenuti nel circuito dell’alta sicurezza hanno ancora più facilità a parlare con l’esterno e utilizzano tutte le opportunità possibili per fascinare chi c’è fuori e sui social network.
Abbiamo trovato decine di profili TikTok riconducibili a boss detenuti o ai loro familiari. Questi video raccolgono migliaia di like, normalizzano il male e fanno apparire i criminali come eroi. Dobbiamo interrompere subito la comunicazione tra i boss e l’esterno. Ogni like è un messaggio di consenso, ogni visualizzazione è ossigeno per le mafie. C’è la necessità di una contronarrazione digitale perché quando si cerca ‘antimafia’ su TikTok, i video più visti sono quelli del procuratore Gratteri. Questo dimostra che i giovani vogliono capire, non solo imitare.
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