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“I FAMILIARI ORA DIVENTANO “COSTRUTTORI DI VERITÀ”

di Nando Dalla Chiesa

Ma come si fa a trovarsi nei punti (grandi o piccoli) di svolta della storia? E a poterli raccontare, magari per primi? Risposta più sensata: dipende dal caso. Nessun fotografo, nessun giornalista, avrebbe potuto immaginare quel giorno del 1955 che su un autobus dell’Alabama sarebbe avvenuto il grande rifiuto di Rosa Parks di cedere il posto a un bianco. Altre volte però le cose si possono immaginare. Ricordo ad esempio le mani di Agnese Moro stringere con tenerezza quelle di Franco Bonisoli, uomo delle Brigate rosse, uno dei sequestratori di suo padre, scoppiato a piangere in pubblico a Genova al ricordo di quel sangue innocente. Un istante unico, indimenticabile. Ma di cui non esiste una foto. Eppure il calendario del festival in cui ciò avvenne era e pubblico. Mancava però la sensibilità in chi doveva leggerlo. Dov’è la notizia?, si saranno chiesti allora nelle redazioni. 

Ebbene, dov’era la “notizia” a metà del la settimana scorsa nell’annuncio di un altro incontro, promosso da Libera e don Ciotti al Senato per parlare dei familiari delle vittime innocenti di mafia? Intendiamoci, la storia di questi familiari può anche essere considerata una vicenda minuscola, dipende solo da quanto peso si assegni alla presenza della mafia nella nostra storia istituzionale e culturale, o al movimento antimafia nell’attuale scenario dei movimenti. Fatto sta che l’altro pomeriggio è cambiato qualcosa di profondo: quelli che erano chiamati volgarmente i “benefici” dei familiari delle vittime diventeranno d’ora in poi “diritti”, rafforzati da un collettivo “diritto alla memoria”.

Le vittime a cui è stato riservato un piccolissimo posto nel nostro ordinamento giuridico, scritto fondamentalmente pensando agli imputati, fanno cosi un passo avanti. E lo fanno proprio in una fase storica che sembra detestare il diritto, specialmente quello dei più deboli. Una contraddizione grandiosa, sospinta non solo da don Ciotti o dalla senatrice Enza Rando (già vicepresidente di Libera) ma anche da Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare antimafia e messa ripetutamente sotto accusa per le sue amicizie nel mondo della destra estrema. Don Ciotti, che ha una sua “ideologia” (vangelo più costituzione) ma non vive di ideologie, ringrazia la presidente.

Al Senato succede anche questo, e sotto quali occhi…Vedo quel piccolo popolo di familiari, venuto a Palazzo Giustiniani in rappresentanza di un popolo intero, e vi riscopro quel che per me è storia grande. Di un dolore collettivo e “di sistema”; di una rivolta dei sentimenti e della ragione.
Vedo Nino, il nipote di nonno Vincenzo Agostino che affidava alla sua barba bianca la propria domanda di verità: un tempo era un bimbo in braccio ai nonni, ora è un giovane con cenni di barba sul volto. Vedo Annamaria, figlia del sindaco di Pagani Marcello Torre, schiantato dalla camorra del terremoto irpino. Anche sua madre non c’è più. Vorrei poterla dipingere questa storia,
di un bellissimo e dolente e orgoglioso Quarto Stato, ma non lo so fare. E allora cerco di raccontare i fatti a chi non li ha ha saputi.

Potrebbe essere questo il titolo: Vittime di mafia. Quel giorno in cui i benefici divennero diritti. Che bel momento di svolta.

Pensate solo a quando Leoluca Orlando sindaco di Palermo per costituir si parte civile al maxiprocesso dovette quantificare i danni ‘economici” che lo autorizzavano a quel passo rivoluzionario: i muri delle vie devastati dai kalashnikoy, poiché non bastava la vita civile sfregiata ogni giorno. Ecco, i diritti in generale arretrano nel mondo, purtroppo; ma questi diritti “speciali” avanzano e tengono la porta aperta per tutti gli altri. E i familiari, un tempo dignitosi solo se silenti, ora sono definiti “costruttori di verità: La storia ha le sue nemesi. E le sue svolte. Che ogni volta andrebbero intuite, viste. Perché la nostra vita sia un po’ anche “presenza”.

Fonte: Rubriche Storie Italiane – Il Fatto Quotidiano